Psicologia dell'emergenza: come riprendere una quotidianità di vita dopo un trauma (1^ parte)

La Psicologia dell'emergenza studia come prevenire e come trattare i processi psichici, emozionali e comportamentali che si attivano in situazioni di crisi, disastri ed emergenze.
Proprio a causa della particolarità degli scenari che provocano il trauma, questa disciplina richiede a chi la pratica, la capacità di adattarsi a contesti non convenzionali e di utilizzare approcci psicologici multidisciplinari.
E’ con questa premessa che le Dott.sse Elisabetta Vaccari e Anna Perez del SIPEM SoS Emilia Romagna, hanno iniziato il primo di due incontri tenutisi nella nostra sede.

Il SIPEM SoS Emilia Romagna è la Società Italiana di Psicologia dell’Emergenza, è presente nella nostra regione con 70 volontari, fa parte del più vasto Sistema Nazionale di Protezione Civile e si attiva durante le emergenze per dare supporto alla popolazione in difficoltà e aiuto ai volontari che hanno un compito paradossale: operare in modo “normale” in un contesto dove tutto è “saltato”.
In altre parole, non ci si aspetta che un soccorritore diventi anche psicologo, ma che, di fronte ad eventi improvvisi e negativi, sappia riconoscere le proprie emozioni, i propri punti di rotture e che conosca le strategie di difesa.

Ma cos’è lo stress traumatico? Con questo termine, coniato per la prima volta nel XVII secolo, oggi si indica “l’insieme delle reazioni suscitate dal disaccordo, da un lato, tra le opportunità e le richieste dell’ambiente, e dall’altro, tra i bisogni, le capacità e le aspettative dell’individuo”.
Quando questi bisogni non vengono soddisfatti, queste aspettative sono deluse, queste capacità risultano non all’altezza della situazione, allora si realizza un turbamento profondo del nostro stato psichico, al quale il nostro organismo reagisce con vari sintomi, che è importante interpretare:

  • sintomi fisici, come mal di testa, dolori muscolari, allo stomaco, sudorazione alle mani, agitazione, irrequietezza, disturbi del sonno;
  • sintomi comportamentali, come digrignare i denti, aumento nel consumo di alcolici, alterazione nel comportamento alimentare, mancanza di concentrazione e dunque incapacità di portare a termine le cose, atteggiamento critico verso tutti;
  • sintomi emotivi, come piangere, avvertire un senso di oppressione, nervosismo, ansia, rabbia, solitudine, senso di frustrazione, di impotenza;
  • sintomi cognitivi, come assenza di lucidità mentale, disorientamento spazio temporale, distrazioni frequenti, fantasie di fuga.

Esistono due tipi di stress:

  • lo stress positivo o "eustress" quando gli stimoli provenienti dal mondo esterno, allenano la capacità di adattamento dell’individuo che ha proprio bisogno di questi, per raggiungere più facilmente un certo obiettivo o per manifestare al meglio le proprie potenzialità;
  • lo stress negativo o "distress", quando invece stimoli esterni pressanti, provocano un logorio progressivo che porta alla rottura delle difese psicofisiche dell’individuo, permanendo anche quando l’evento scatenante è terminato.

Lo stress negativo è molto subdolo per cui è molto importante, saperne riconoscere i precisi segnali di allarme quali:

  • pensieri intrusivi, cioè sentire, percepire ed agire come se l’evento si stesse ripresentando;
  • evitamento/ottundimento, cioè sforzo di evitare attività, luoghi o persone che ci ricordano l’evento;
  • iperattività, cioè difficoltà ad addormentarsi o mantenere il sonno;
  • traumatizzazione vicaria, cioè eccessivo coinvolgimento empatico con lo stato emotivo delle persone coinvolte nell’evento (mancanza del distacco, della distanza dalla situazione).

Fin qui, con queste righe, abbiamo cercato di raccontare quali sono le reazioni che si possono scatenare in noi quando, sui tanti scenari dove operiamo, assistiamo ad un evento che colpisce fortemente la nostra sensibilità; nella prossima seconda parte di questo resoconto, proveremo invece ad approfondire le tecniche per evitare che tutti questi segnali, se trascurati, possano nel tempo portare ad effetti invalidanti o destabilizzanti.

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